Dalla Monsterrando agli europei, tante news per Pontoni

30.08.2025
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La Monsterrando di domenica scorsa a Fubine (AL) ha aperto un mese importante per il gravel, che culminerà il 21 settembre con gli europei in programma ad Avezzano. La classica piemontese, tappa dei circuito Uci ha dato risposte importanti, con la vittoria in campo maschile di Romain Bardet che, dopo il suo ritiro dalle scene professionistiche ha dimostrato che volendo il talento è rimasto intatto, mentre fra le donne Erika Magnaldi ha lasciato il mondo delle corse su strada per una domenica immergendosi in un ambiente più vicino a quello delle sue radici granfondistiche.

Romain Bardet ha chiuso la sua carriera su strada al Giro del Delfinato, ma si sta appassionando al gravel
Romain Bardet ha chiuso la sua carriera su strada al Giro del Delfinato, ma si sta appassionando al gravel

Una nazionale difficile da costruire

Daniele Pontoni a Fubine non c’era, ma è rimasto sempre con le antenne dritte considerando anche che il tempo della selezione per la squadra nazionale per l’Abruzzo è sempre più vicino (senza dimenticare che poi c’è anche la scadenza mondiale da tenere in conto). La gara piemontese gli ha fornito molti spunti sui quali ragionare.

«La composizione di una nazionale – afferma Pontoni – in questo periodo è legata fortemente agli impegni dei team. Bisogna fare una sorta di gimkana fra mille ostacoli, ma io penso di avere ormai una certa idea in testa, che si basa molto sulle risultanze dei campionati italiani. Ci sarà il campione nazionale Mattia Gaffuri, ma poi penso che andrò a pescare in quell’ordine di arrivo. Avrei voluto avere in squadra De Marchi ma il suo calendario stradistico è cambiato e dovrà andare in Slovacchia. Sarà comunque una squadra mista, fra stradisti, biker e gravelisti puri. Fra le donne non potremo avere Persico per la concomitanza mondiale su strada ma penso di averla poi per la rassegna iridata che ricalcherà per molti versi il percorso dell’Amstel Gold Race. Qui la vittoria di Erica Magnaldi è stata una bellissima notizia che vedremo di far fruttare».

Daniele Pontoni, cittì per ciclocross e gravel, sta preparando la nazionale per europei e mondiali (foto Giulietti)
Daniele Pontoni, cittì per ciclocross e gravel, sta preparando la nazionale per europei e mondiali (foto Giulietti)
La vittoria di Bardet è arrivata al termine di un lungo testa a testa con il ceko Vakoc, che è uno specialista puro. E’ la dimostrazione che a parità di situazione è ancora lo stradista a prevalere?

Sì, ma bisogna fare alcuni distinguo. Su distanze come quella della Monsterrando, ricalcando molto la strada, io credo che la differenza sia ancora marcata, ma più il chilometraggio si allunga, più il divario diminuisce. Sopra i 300 chilometri le prospettive cambiano. Ricordiamoci poi che parliamo di un signor corridore come Bardet, uno dei grandi della strada dell’ultimo decennio. La verità è che i gravelisti si stanno adattando sempre di più e questo sta assottigliando il divario e si annullerà del tutto con le novità in arrivo.

Quali in particolare?

La scelta dell’Uci di attribuire punti per il ranking su strada anche alle altre discipline come gravel e marathon di mtb è qualcosa di rivoluzionario. Questo sta spingendo molti team di primo piano a prevedere la costituzione di vere e proprie costole dedicate al gravel, quindi vedremo sempre più professionisti gareggiare perché le gare internazionali assegneranno punti preziosi. Io credo che già dal prossimo anno ne vedremo delle belle da questo punto di vista…

Per Erica Magnaldi una vittoria netta in Piemonte, con 2’45” sull’australiana Frain (foto organizzatori)
Per Erica Magnaldi una vittoria netta in Piemonte, con 2’45” sull’australiana Frain (foto organizzatori)
Questo influirà anche sul tuo lavoro?

Certamente, cambierà molto, dovrò avere un occhio sempre più attento, tenere contatti stretti con corridori e squadre. La presenza della Magnaldi domenica a Fubine è stata un bel regalo, anche da parte del UAE Team Adq per lei e per tutto il movimento, ma non sarà più così sporadica. Non solo: questo sta spingendo anche gli organizzatori a mettersi in gioco. Avevamo iniziato con un paio di gare, quest’anno erano già 7-8 di richiamo internazionale e so già che ci sono alla porta altri organizzatori che vogliono essere coinvolti.

Da dove nasce tutto quest’interesse?

Facile rispondere: sono le grandi case ciclistiche che stanno spingendo tutto il movimento e gli enti internazionali e le federazioni non possono che andar dietro. Il mercato delle gravel sta vivendo un’enorme espansione e le aziende giustamente, per cavalcarlo, hanno bisogno di vetrine sempre più importanti.

Alla Monsterrando il miglior italiano è stato Matteo Fontana, 6° a 2’38” (foto organizzatori)
Alla Monsterrando il miglior italiano è stato Matteo Fontana, 6° a 2’38” (foto organizzatori)
L’esempio di Bardet che dopo il suo ritiro si è fatto coinvolgere da questo mondo resterà isolato?

Non credo proprio, è lo stesso che avvenne negli anni Novanta per la mtb. Ricordate Vandelli, Noris, Rosola, Vairetti, Gioia tanto per fare qualche nome? Trovarono una coda importante alla loro carriera. Il gravel consente e consentirà a chi per qualsiasi ragione non trova spazio su strada di poter comunque fare attività con tutto quel che ne consegue, anche a livello economico.

Tornando agli europei, sarà un percorso simile a quello affrontato domenica in un’altra parte d’Italia?

In parte, perché si correrà su un circuito di 30 chilometri da ripetere tre volte per le donne e cinque per gli uomini, con un dislivello importante, oltre 2.500 metri. Gli organizzatori non l’hanno ancora ufficializzato, devono verificare e completare alcune parti, ma sappiamo che a differenza della Monsterrando che aveva una prima parte veloce e filante, lì sarà impervio fin da subito, più simile forse a quello del campionato italiano all’Amiata. Io credo che i concorrenti arriveranno alla spicciolata, bisognerà fare in modo di arrivarci preparati.

Ursus rende omaggio a Romain Bardet e al suo ultimo Giro d’Italia

01.07.2025
3 min
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Nel mondo del ciclismo professionistico, alcuni atleti trascendono i confini nazionali e i palmares, guadagnandosi un posto speciale nel cuore degli appassionati. Romain Bardet è senza dubbio uno di questi. Il ciclista francese, recentemente ritiratosi dal ciclismo su strada al Critérium du Dauphiné, ha ricevuto un’ondata di affetto e riconoscenza da parte di colleghi e tifosi. 

Per celebrare la sua straordinaria carriera e la sua ultima partecipazione a un Grande Giro, Ursus – partner quest’anno del team WorldTour del corridore francese – ha realizzato un toccante video tributo, diffuso sui propri canali social ufficiali. Il filmato, girato durante l’ultimo Giro d’Italia, offre uno sguardo esclusivo dietro le quinte, catturando le emozioni e i momenti salienti che hanno caratterizzato la sua ultima grande corsa a tappe. Questa iniziativa rientra nel più ampio progetto di Ursus, “Behind the Race”, ideato per raccontare la sua prima stagione al fianco di un team WorldTour. 

Dal 2021, dopo tanti anni trascorsi nel gruppo AG2R, Bardet è stato un punto di riferimento e capitano del Team dsm-firmenich PostNL (ora Team Picnic-PostNL), contribuendo in modo significativo ai successi della formazione olandese.

Un percorso di emozioni e successi

La carriera di Romain Bardet è stata costellata di momenti memorabili e prestazioni che hanno infiammato gli animi dei tifosi. Il suo nome è indissolubilmente legato al Tour de France, dove ha conquistato un secondo posto assoluto nel 2016 e un terzo nel 2017. Ha vestito la prestigiosa maglia a pois nel 2019 e si è aggiudicato ben quattro tappe della Grande Boucle, indossando la maglia gialla per un giorno nel 2024 al traguardo di Rimini. Sebbene non sia riuscito a riportare in Francia il tanto agognato titolo del Tour, il trentaquattrenne di Brioude ha saputo conquistare l’ammirazione generale grazie al suo spirito combattivo e alla sua integrità.

Oltre ai successi al Tour, il palmarès di Bardet vanta vittorie importanti come il Tour of the Alps nel 2022 e il Tour de l’Ain nel 2013. Ha inoltre conquistato una tappa alla Vuelta a Espana e un brillante secondo posto ai campionati del mondo di Innsbruck nel 2018, alle spalle del leggendario Alejandro Valverde. Al di là dei risultati, è stato il suo stile di corsa audace e aggressivo – sempre all’attacco, sia in salita che in discesa – a renderlo un’icona e un beniamino per generazioni di appassionati di ciclismo.

Le Proxima Team Edition

Negli ultimi mesi della sua carriera professionistica su strada, Romain Bardet ha potuto contare sulle eccellenti qualità tecniche delle ruote Ursus Proxima Team Edition. Questo modello di punta, in dotazione nel corso di questa stagione al Team Picnic PostNL, ha giocato un ruolo cruciale nelle performance della squadra, che si sta distinguendo sempre più nelle gare più importanti del circuito WorldTour. La partnership tra Ursus e il team olandese testimonia l’impegno dell’azienda italiana nel fornire prodotti all’avanguardia che supportano gli atleti ai massimi livelli, contribuendo a scrivere nuove pagine nella storia del ciclismo.

Il tributo di Ursus a Romain Bardet non è solo un omaggio a un grande campione, ma anche il riconoscimento di un atleta che ha incarnato i valori di passione, resilienza e dedizione che contraddistinguono il ciclismo. La sua assenza dalle corse lascerà un vuoto, ma il suo lascito e l’impronta indelebile lasciata nel cuore dei tifosi continueranno a ispirare le future generazioni di ciclisti.

Ursus

Il lungo addio di Bardet, 7 momenti da ricordare

22.06.2025
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«Ca va Bardet, Ca va Bardet», quel grido risuona nelle orecchie all’ultima edizione del Giro del Delfinato. E’ ancora più forte del solito, probabilmente perché forse non lo risentiremo. Perché Romain ha deciso di chiudere la sua carriera, a 34 anni dopo 13 stagioni da pro’. Ha voluto farlo nella corsa che ama di più, anche se nel mezzo della stagione: «E’ la mia preferita, quella dove sono andato più vicino alla vittoria e dove ho conquistato il mio primo successo importante, in una tappa nel 2015. Non potevo che chiudere qui». Con i più grandi del ciclismo odierno a fargli da contorno, da Pogacar a Vingegaard a Evenepoel, protagonisti di un ciclismo che forse non gli appartiene più.

Uno dei tanti cartelli dei tifosi all’ultimo Giro del Delfinato, dove gli hanno tributato una vera ovazione
Uno dei tanti cartelli dei tifosi all’ultimo Giro del Delfinato, dove gli hanno tributato una vera ovazione

Un francese dalle mille sfumature

D’altro canto si dice sempre più spesso che il ciclismo cambia velocemente e quello dei suoi inizi, nel 2012 quando esordì all’AG2R la Mondiale, non era quello di oggi. E’ curioso il fatto che di vittorie Bardet ne ha collezionate poche ma buone, 11 in totale, di cui due in classifiche di corse a tappe (Tour de l’Ain 2013 e Tour of the Alps 2022) eppure passerà alla storia come uno specialista di grandi giri.

Non che se la sia cavata male, in fin dei conti vanta 4 tappe al Tour, una alla Vuelta, al Giro affrontato tardi in carriera si è pure distinto, ma la sua storia non è semplicissima da raccontare, soprattutto se lo si vuole identificare in uno stereotipo. Perché Bardet da Brioude (Alta Loira) è come un personaggio pirandelliano, pieno di sfaccettature. Proviamo allora a venirne a capo attraverso episodi.

Il francese in fuga all’Amstel del 2012. Il sogno vivrà fino a 10 chilometri dal traguardo
Il francese in fuga all’Amstel del 2012. Il sogno vivrà fino a 10 chilometri dal traguardo

Amstel Gold Race 2012, il primo squillo

Romain, figlio di un maestro e un’infermiera, è appena passato di categoria, ma di recitare un ruolo di contorno proprio non gli va. D’altronde nelle categorie giovanili si è ben distinto, soprattutto come corridore di classiche (2° alla Liegi U23 dell’anno prima). All’Amstel dopo 40 chilometri si lancia all’attacco. E’ la fuga di giornata, figurati se va al traguardo. Sono in 7 (fra loro anche un giovanissimo Pello Bilbao), si aggiungono altri 2 e il vantaggio monta, monta fino a 13 minuti. Il gruppo si sveglia e inizia la rimonta, ma lui non molla. Mollano gli altri, lui no, tira dritto. Lo riprendono a 10 chilometri dal traguardo eppure ci crede ancora e quel 25° posto finale vale molto. Quel ragazzo ha un bel caratterino…

L’esordio al Tour 2013

L’anno dopo arriva l’esordio al Tour de France. Bardet non ha ancora vinto da pro’, ma nelle prove a tappe è sempre fra i migliori giovani e l’AG2R decide di dargli fiducia. Si parte dalla Corsica e Romain si distingue perché ha già capito che deve rimanere nelle prime posizioni, soprattutto nel finale delle tappe, poco importa che ci si scanni per la volata. Ma quando si tratta di salire, sa tenere il passo, anche se poi paga a cronometro. Alla fine è 15° in classifica, il migliore dei francesi. Poca cosa? Forse, ma intanto si capisce che quella è la “sua” dimensione.

L’attacco di Mende, dove con Pinot nasce una forte rivalità, che Bardet però ha sempre negato
L’attacco di Mende, dove con Pinot nasce una forte rivalità, che Bardet però ha sempre negato

Il Tour 2015 e “il pasticciaccio” di Mende

Ci si attende tanto da lui, la prima parte di stagione è stato tutto un lungo prologo al Tour. Ma in classifica non c’è, sui Pirenei accusa distacchi pesanti mentre Chris Froome mette subito le cose in chiaro. Il vantaggio di accusare minuti e minuti c’è, perché cominciano a controllarti di meno. Bardet inizia a pensare a riprendere vigore, è 3° a Plateau de Beille e si sente pronto per il primo centro nella Grande Boucle. Nella tappa di Mende però succede qualcosa. Va in fuga con un altro francese di belle speranze, Thibaut Pinot.

I due si studiano, si guardano, si fanno i dispetti: Steve Cummings, anziano britannico del Team MTN-Qhubeka ringrazia e li prende in contropiede. In casa sudafricana si festeggia, i due “galletti” continuano a beccarsi e la loro rivalità rimarrà a fare da contrappunto a un ciclismo francese che con loro riprende a crescere, anche se non come vorrebbe. Bardet però non si dà per vinto e alla diciottesima tappa, a Saint Jean de Maurienne coglierà la sua prima vittoria al Tour, riuscendo anche ad agguantare la Top 10 finale.

A Saint Gervais-Mont Blanc una delle sue quattro vittorie di tappa al Tour
A Saint Gervais-Mont Blanc una delle sue quattro vittorie di tappa al Tour

Il Tour 2016 e il podio finale

Il francese ci crede e il popolo è con lui. Che sia arrivato il momento di chiudere la lunga astinenza da maglia gialla, che risale all’epoca d’oro di Hinault? L’anno dopo Bardet si prepara pensando solo al Tour, questa volta i Pirenei non fanno male, la cronometro invece sì, accusa quasi 3 minuti da Froome. Ma d’altronde il britannico ha una corazzata, lui è un autodidatta. Sulle Alpi è un crescendo rossiniano: recupera sull’arrivo in salita di Finhaut-Emosson, va bene anche nella cronoscalata di Megève, a Saint Gervais-Mont Blanc si scatena e dà scacco matto a Mollema e Adam Yates. Sul Joux Plane controlla gli avversari, sa che Froome è troppo lontano e chiude secondo a 4’05”. I media francesi lo acclamano: «Abbiamo trovato il campione per il Tour».

Alla Grande Boucle del 2020 il ritiro dopo la caduta alla tredicesima tappa con esiti molto pesanti
Alla Grande Boucle del 2020 il ritiro dopo la caduta alla tredicesima tappa con esiti molto pesanti

La terribile caduta del Tour 2020

L’anno dopo finisce ancora sul podio, ma quell’ultimo centesimo per completare l’euro non riesce proprio a trovarlo e man mano perde fiducia. Bardet ci prova, ci prova sempre. Anche nel 2020, nell’anno del folle calendario legato al covid, è lì a lottare. Alla tredicesima tappa è quarto in classifica: «Quella mattina mi sentivo alla grande – ha raccontato poco tempo fa all’Equipea un certo punto sono caduto e ho battuto la testa. In quel momento non ci ho neanche fatto caso, sono risalito in sella e ripartito, pensavo solo a riagganciarmi al gruppo. Ma iniziavo a non sentirmi bene, ero come in trance. Faticavo più del normale. Sono arrivato al traguardo, poi il buio più totale».

Bardet riporta una commozione cerebrale, viene naturalmente fermato: «Non facevo che vomitare con un forte mal di testa. Ci ho messo tantissimo per recuperare, fisicamente e come stress psicologico: se ti rompi un osso si riaggiusta, con il cervello è più difficile e qualcosa ti lascia». Molti dicono che qualcosa sia cambiato da allora, fatto sta che non è stato più uomo da classifica.

Il riscatto del transalpino alla Liegi 2024, dove solo lo scatenato Pogacar lo precede
Il riscatto del transalpino alla Liegi 2024, dove solo lo scatenato Pogacar lo precede

Il riscatto della Liegi del 2024

Fatto sta che l’anno dopo cambia team e lascia la Francia, approdando al Team DSM. Per molti appassionati francesi è un’onta: è come se Totti lasciasse la Roma o Del Piero la Juve (per chi crede ancora alle bandiere…). Ma lo fa con cognizione di causa: basta classifiche, meglio pensare ai traguardi singoli. Così comincia a raccogliere, vince una tappa alla Vuelta 2021, vince al TOTA 2022 e nel 2024 stupisce tutti con la piazza d’onore alla Liegi-Bastogne-Liegi. Non è che avesse ambito alla vittoria, davanti c’è Pogacar che… fa il Pogacar, ma gli altri li mette tutti in fila con un paio di attacchi vecchia maniera.

«Ho abbastanza esperienza per sfruttare le situazioni – racconterà al traguardo – è la dimostrazione che bisogna sempre crederci e che il karma sa ripagarti». Una frase che stupisce qualcuno, chi non ricorda l’episodio di due anni prima: caduta di Alaphilippe e lui che non ci pensa un attimo, butta la bici da una parte e va a prestargli soccorso. Alla faccia della rivalità…

Bardet in giallo, un sogno realizzato proprio a fine carriera in quel di Rimini
Bardet in giallo, un sogno realizzato proprio a fine carriera in quel di Rimini

Rimini, l’ultimo acuto al Tour 2024

Il  podio alla Doyenne ha un valore, ma non è quello che davvero cerca. Come fare per mettere il sigillo alla sua carriera? A Bardet manca una cosa, colorata di giallo. Sarebbe bello conquistare la maglia di leader al Tour e se non si può fare in Francia, perché non farlo in Italia? Alla tappa inaugurale a Rimini sono tanti che la cercano ma lui ha in mente un piano e trova in Frank Van den Broek l’uomo giusto per attuarlo. Il francese attacca sulla salita di San Leo e va a prendere i fuggitivi, poi con il fidato gregario se ne va. Il gruppo è affamato al loro inseguimento, ma l’olandese è fenomenale sul lungomare scortandolo verso quel successo che gli regala il simbolo inseguito per tutta la carriera.

Il resto è un lungo, lunghissimo saluto, fino al Delfinato, sentendo sempre quel grido: «ça va Bardet». Ma chissà che non torneremo a sentirlo, perché Romain ha detto basta al ciclismo su strada, ma vuole ancora togliersi qualche sfizio sulla gravel e punta al mondiale di Nizza. E i suoi tifosi già si stanno organizzando…

Romain Bardet: ultimi colpi al massimo, non è ancora un ex pro’

06.05.2025
4 min
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Non deve essere facile sentirsi dire ad ogni corsa in cui si presenta: «Romain, è la tua ultima gara qui». «Romain, tra poco termini la tua vita da corridore». E’ un po’ il destino di chi annuncia anzitempo il suo ritiro. E capiamo bene quando Alessandro De Marchi qualche giorno fa ci ha detto che prima di appendere la bici al chiodo c’è ancora tanto da fare.

Romain, era Bardet, chiaramente. Il francese del Team PicnNic- PostNL si appresta così a concludere la carriera. Ma vuol uscire dalla porta principale, con tutti gli omaggi del caso.

Romain Bardet (classe 1990) è pro’ dal 2012
Romain Bardet (classe 1990) è pro’ dal 2012

Ultimi assalti

La Liège-Bastogne-Liège è stata l’ultima Monumento per Romain Bardet. Il francese in qualche modo è stato preso d’assalto, tanto più che lui una Liegi l’ha sfiorata. Era proprio quella dell’anno scorso.

«La Doyenne è una corsa che mi piace molto, quindi è stato bello potervi partecipare un’ultima volta». Insomma il giro dei saluti è già iniziato. Ovunque vada il francese è ben voluto. In fin dei conti è stato un pezzo importante del ciclismo internazionale e francese soprattutto.

Lui, come Thibaut Pinot, ha portato il fardello dell’erede di Hinault e di chi doveva vincere il Tour de France a tutti i costi. Una pressione che assolutamente non li ha aiutati. Nonostante tutto parliamo di un corridore che ha messo nel sacco 11 vittorie, quasi tutte di peso, due podi alla Grade Boucle e per nove volte è entrato nella top dieci dei grandi Giri. Ma soprattutto ha fatto tutto questo da scalatore e gli scalatori che vanno forte trovano sempre uno spazio nel cuore dei tifosi.

Alla Liegi una caduta lo ha messo fuori dai giochi. Nonostante tutto ci ha tenuto a concludere la corsa
Alla Liegi una caduta lo ha messo fuori dai giochi. Nonostante tutto ci ha tenuto a concludere la corsa

Sotto col Giro

Ma torniamo all’attualità, a ben meno di una settimana dal via di Durazzo. Magari senza la caduta della Liegi poteva arrivare meglio al Giro, ma lui non si tira indietro.

«Per ora – ha detto Bardet – sto molto bene, non ho avuto i risultati che avevo sperato in questa prima parte di stagione, quindi ho ancora molto da fare. Ma anche per questo la motivazione non manca».

«Quali sono le risposte dopo il Tour of the Alps? Bene direi, stiamo ancora costruendo la condizione. Non sono ancora al top, ma c’è ancora un piccolo margine per crescere. Anche in squadra tutti seguono il proprio corso, quindi è positivo. Sono molto motivato all’idea di un grande programma come il Giro».

Il francese ha anche sottolineato l’importanza della terza settimana del Giro. «Attendo – ha detto il classe 1990 – particolarmente la terza settimana, con delle salite emblematiche. Voglio mostrare carattere e essere davanti in qualche modo per godermi la corsa, godermi la mia passione del ciclismo».

La prima vittoria al Tour. Era il 2015. Romain ha poi vinto anche una tappa alla Vuelta 2021. Manca all’appello quella del Giro
La prima vittoria al Tour. Era il 2015. Romain ha poi vinto anche una tappa alla Vuelta 2021. Manca all’appello quella del Giro

Sognando il tris

Quando gli facciamo notare che in Italia, soprattutto dopo le ultime stagioni in cui al Giro d’Italia è sempre stato presente, ha molti fan, lui annuisce e sorride. E’ il suo modo di ringraziare.

«Cosa puoi dire loro?», gli chiediamo. «Sono contento di poterli trovare al Giro – replica lui – in particolare la terza settimana, che si annuncia ricca di montagna. Sono contento che il mio ultimo grande tour sia il Giro e spero di raggiungere un livello molto alto. Tappe o classifica? Vedremo, sarà la strada a dircelo…»

«Di certo, abbiamo una squadra abbastanza forte per gli sprint (il riferimento è soprattutto Van Uden, ndr), e abbiamo due buone carte per la generale. Cercheremo di fare una gara piena sui 21 giorni che ci aspettano».

Stavolta neanche lo abbiamo toccato il tasto “vittoria di tappa”. E anche Romain (forse per scaramanzia) non ha detto niente in merito, ma è noto che il sogno più grande di Bardet sarebbe quello di vincerne una nella corsa rosa. E’ l’unica che gli manca dei tre grandi Giri e sarebbe un modo esaltante di chiudere la carriera.

Un giorno in giallo con Bardet: Emily Brammeier racconta

03.07.2024
7 min
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VALLOIRE (Francia) – «Avevamo già avuto la maglia gialla in squadra – dice Emily Brammaier, responsabile delle comunicazioni nel Team DSM – ma non avevo mai lavorato con la maglia gialla. Quindi sabato è stata una bella giornata. Avevo lavorato con altri leader. C’ero quando Nicholas Roche prese la maglia della Vuelta e anche quando Wilko Kelderman e Jay Hindley presero la rosa nel 2020. L’anno scorso ancora in rosa con Andreas Leknessund. Questa volta c’è stato Bardet, ma l’attenzione che porta la maglia gialla è nulla in confronto delle altre due».

Emily Brammeier è una bella ragazza bionda, per metà inglese e metà irlandese, che da qualche anno lavora per il Team DSM Firmenich. Ci si saluta ogni giorno, si scambiano poche battute, ma questa volta abbiamo deciso di chiederle qualcosa di più per capire che cosa significhi quando in una squadra (che non ci è abituata) arriva la maglia gialla. Che cosa è successo nel team olandese quando Bardet ha vinto la prima tappa del Tour e ha conquistato la maglia gialla? Lo chiediamo a lei, che ha seguito Bardet in ogni passo. E poi le chiederemo qualcosa di sé: chiunque passi tanti giorni lontano lavorando sodo all’ombra dei campioni merita che il proprio lavoro venga riconosciuto.

Vi aspettavate che Bardet potesse vincere tappe e maglia in avvio del Tour?

Mia cugina si è appena sposata a Firenze ed è in luna di miele in Italia. Così le ho procurato dei biglietti per venire all’ospitalità la mattina della prima tappa. E lei mi ha chiesto: «Allora, qual è il tuo programma per la giornata?». E io le ho risposto che sarei andata a Rimini per conquistare la maglia gialla. Le ho detto che sarebbe stato un sogno assoluto, anche se il piano di attaccare e provare c’era davvero. Volevamo essere nel vivo della gara e quando è arrivata la sera, abbiamo scoperto che il sogno si era avverato.

Da quanto tempo sei in questa squadra?

Dal dicembre 2016. Ho iniziato a occuparmi dei social media e poi, dopo circa un anno, sono passata al ruolo di addetto stampa. Ora invece sono responsabile delle comunicazioni. Mi sono avvicinata al ciclismo perché in realtà provengo da una famiglia di ciclisti. Mio fratello era un ciclista professionista così pure sua moglie, Nikki Harris. Mio padre andava sempre in bicicletta quando eravamo bambini. E poi, per fare sì che i miei due fratelli maggiori continuassero a stare bene, evitando che frequentassero le persone sbagliate, li arruolò nel club ciclistico locale.

Cresciuta fra le bici, insomma…

Abbiamo trascorso tutta la nostra infanzia partecipando a gare ciclistiche. Io ero di supporto per i miei fratelli. E alla fine, come si diceva, uno di loro è stato per alcuni anni un ciclista professionista e ora è allenatore nella nazionale britannica: si chiama Matt Brammaier. Per cui, ecco spiegato come mai io lavori nel ciclismo. Invece sono nelle comunicazioni perché ho studiato pubbliche relazioni e media e quindi… eccomi qui.

Emily con il fratello Matt: ex corridore e ora tecnico della Gran Bretagna (foto Instagram)
Emily con il fratello Matt: ex corridore e ora tecnico della Gran Bretagna (foto Instagram)
Come è stato aspettare l’arrivo di Bardet a Rimini?

Piuttosto folle, perché non avevamo una visione d’insieme. Non avevamo schermi televisivi, a dire il vero, perché il nostro pullman si è rotto mentre arrivavamo a Rimini (in sostituzione è stato chiamato Daniele Callegarin con il pullman Vittoria, ndr). Quindi è stata una fortuna che io sia riuscito ad arrivare al traguardo. Ho avuto un passaggio dalla Israel Premier Tech. Hanno caricato me e il mio operatore in una stazione di servizio sull’autostrada. Il pullman aveva tutte le spie accese sul cruscotto, per cui ho inviato un messaggio ai miei colleghi e ho detto se ci fosse qualcuno dietro di me in autostrada che potesse venire a prendermi. E alla fine, grazia alla Israel, sono arrivata al traguardo con il cibo, le bevande e la borsa per l’arrivo.

Che cosa ha significato gestire la maglia gialla del Tour?

Buona domanda. In realtà c’è differenza tra averla per pochi giorni e quando invece si punta davvero alla classifica. In ogni caso devi provare a gestire la quantità di tempo in cui il corridore è impegnato a partire dai protocolli post gara. Quando lo fai per giorni e giorni di seguito, ci vuole molta energia. Sei sempre l’ultimo corridore a lasciare la gara. Hai il podio, molteplici conferenze stampa, controlli antidoping. Può volerci un’ora e mezza, anche due ore prima che torni in hotel. Quindi penso che se lo fai giorno per giorno e il tuo obiettivo è davvero mantenere la maglia, allora devi cercare di gestire davvero il tempo. Ma per noi, ovviamente, in questo caso non era quello l’obiettivo.

Che cosa ha rappresentato quella maglia per Bardet?

E’ stato un momento davvero speciale, per cui abbiamo vissuto le varie fasi insieme e senza stress. Ci siamo goduti tutta la trafila di cosa significhi essere in maglia gialla. La serata è stata impegnativa. Ogni sera il Tour è affollato, ma credo che questa volta sia stata eccezionale. Come ho detto, non avevamo un pullman al traguardo, quindi i corridori sono saliti in macchina e se ne sono andati. Noi invece (ride, ndr) siamo tornati in bicicletta dal traguardo all’hotel.

Bardet in giallo, Van den Broeck in verde: grande inizio di Tour (foto Instagram)
Bardet in giallo, Van den Broeck in verde: grande inizio di Tour (foto Instagram)
In bici?

Bardet e Van den Broeck erano entrambi reduci dal podio, quindi sono saliti in macchina e sono andati via con il medico. Noi rimasti, quindi il nostro allenatore e il capo delle operazioni, abbiamo preso le loro bici di scorta e abbiamo fatto 10 chilometri fino all’hotel. E’ stato molto diverso dal solito viaggio in macchina…

In che modo avete gestito la maglia sul piano della comunicazione?

Abbiamo cercato di realizzare quanti più contenuti possibili. Commercialmente, la maglia gialla è super interessante ed è un momento che abbiamo voluto massimizzare anche dal punto di vista dei social media e delle pubbliche relazioni. Abbiamo fatto venire un paio di giornalisti in hotel e più tardi la sera abbiamo fatto alcune interviste dal vivo sia con Roman che con Frank Van den Broeck. Però abbiamo avuto anche un momento con lo champagne per fare festa tutti insieme. E mentre eravamo nella hall a fare questo brindisi, in televisione riproponevano la tappa. Così ci siamo seduti e abbiamo visto il finale tutti insieme.

Dai social media si è visto che i ragazzi hanno detto qualcosa.

Hanno fatto un bel discorso e abbiamo bevuto tanto champagne, che alla fine gocciolava dal soffitto. Romain era felice. Penso che indossare la maglia gialla sia stato il sogno di una vita, quindi è stato bello poterlo condividere con lui. Era decisamente emozionato, soprattutto quando è tornato in albergo e ha visto i compagni di squadra e gli altri membri dello staff.

L’intera squadra è stata felicissima per Bardet, in giallo al suo ultimo Tour
L’intera squadra è stata felicissima per Bardet, in giallo al suo ultimo Tour
Il giorno dopo è stato necessario fare qualcosa di particolare, avendo la maglia gialla?

Siamo arrivati un po’ prima alla partenza, in modo da avere abbastanza tempo per fare tutto il necessario. Non abbiamo creato una strategia mediatica, ma di certo è stato un momento di altissima intensità al quale ci eravamo preparati dal mattino. Per ogni Grande Giro prepariamo oggetti su misura, per cui al Tour ne abbiamo gialli, verdi, a pois nel caso arrivi quella maglia. Da un punto di vista commerciale è utile, per cui abbiamo poi passato la mattinata a fotografare quel genere di cose. A scattare foto di gruppo tutti insieme, perché per tutti noi è stato un momento speciale da ricordare.

Quanta attenzione c’è per la maglia gialla?

E’ stato piuttosto folle, considerando che si trattava di un francese dopo una prestazione così spettacolare. Non è stata solo la sua vittoria, ma una vera vittoria di squadra e penso che tutto il mondo del ciclismo sia stato davvero contento vedendoli arrivare al traguardo. Abbiamo ricevuto un quantitativo incredibile di messaggi di complimenti per la strategia e la sua esecuzione. E’ stato davvero speciale farne parte.

Incontri, feste e autografi nel suo unico giorno in giallo: qui con Prudhomme
Incontri, feste e autografi nel suo unico giorno in giallo: qui con Prudhomme
Peccato sia durata per un solo giorno…

Quando abbiamo perso la maglia, ovviamente, c’è stata una certa delusione. Sarebbe stato carino per Romain portarla fino in Francia. Ma se avessi detto a chiunque di noi che avremmo avuto una giornata con la maglia gialla, vinto una tappa e anche un secondo posto, che avremmo preso una maglia verde e una maglia bianca e il premio di corridore più combattivo nel primo giorno di Tour, avrebbe firmato subito. Quindi la delusione iniziale, anche per Romain, di aver perso a Bologna, si è ribaltata nell’aver capito che sia stato probabilmente uno dei giorni più speciali della sua carriera. Ed è fantastico che tutti noi lo abbiamo condiviso con lui.

Un corridore speciale come lui al suo ultimo Tour de France.

E’ stato davvero bello essere con Romain nell’ultimo Tour de France. Lavoriamo molto bene insieme, è un ragazzo fantastico da avere in squadra. Dà tantissima energia. Non siamo una squadra che vince spesso, ma quando vinciamo, è davvero speciale. E quel primo giorno di Tour è stato davvero speciale, uno dei migliori della mia carriera nel ciclismo.

Colpo imprevisto alla solita storia: arrivo in parata, Bardet in giallo

29.06.2024
5 min
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RIMINI – Allora le storie impreviste in questo ciclismo di super calcoli e di fenomeni possono ancora accadere. Allora è ancora possibile uscire fuori dalle righe. Poco dopo, ecco le parole di Romain Bardet: «Nel ciclismo accadono ancora momenti inaspettati». Pensieri che si abbracciano dunque.

Un arrivo in parata a Rimini, con due corridori della Dsm-Firmenich, Romain Bardet e Frank Van de Broek, non lo avrebbe potuto immaginare neanche lo scrittore più fantasioso del mondo.

Il Tour de France si apre così con un fantastico colpo all’insolita storia. La suspence è stata diversa. Si è accesa proprio nel finale. 

A Rimini Bardet e Van den Broek arrivano insieme. Il vecchio elogia il giovane e dopo 11 Tour indossa la maglia gialla per la prima volta
A Rimini Bardet e Van den Broek arrivano insieme. Il vecchio elogia il giovane e dopo 11 Tour indossa la maglia gialla per la prima volta

Spingere, spingere

Si è accesa solo nel finale perché tutti li davano per spacciati. «Li prendono». «Non arriveranno mai». Si sentiva dire sul lungomare di Rimini. In questa luce piatta tutti avevano gli occhi stretti a scrutare gli schermi sui bus, sugli smartphone o sul traguardo. 

«A 400 metri mi sono voltato ancora una volta. E ho visto che c’era ancora un po’ margine», racconta Bardet di giallo vestito per la prima volta in carriera. «Ho pensato che si poteva fare per davvero. Poi la linea d’arrivo, vicino a Van der Broek, al suo primo Tour. Era nervoso e per questo non stava bene nei giorni scorsi. Un’emozione incredibile».

Tra i protagonisti della fuga di giornata anche Matej Mohoric
Tra i protagonisti della fuga di giornata anche Matej Mohoric

Pazzia francese…

Ma questo è solo il finale. Quando ad una quarantina di chilometri dall’arrivo, verso San Marino esce dal gruppo Bardet, sembra un’altra azione alla francese: bella sì, ma poco sensata. O almeno più adatta alle gare di Coppa di Francia che non al Tour. 

E sembrava poco sensata anche perché il compagno, Van den Broek, si era defilato dagli altri due fuggitivi per attenderlo. In quel momento era un autogol pazzesco. Abrahamsen e Madouas andavano forte. E invece…

«Frank era davanti – ha proseguito Bardet – era molto forte oggi. Mi sono detto: “Cercherò di riprenderlo, anche se ci dovessi mettere 20 minuti”. Poi una volta davanti è stato un inferno. Una vera lotta al fronte». 

Una lotta che i due Dsm-Firmenich accettano eccome. Verso Montemaggio scappano via. Dietro, l’assalto della UAE Emirates rientra e così il gruppo piomba a due minuti.

E qui inizia un’altra corsa. La solita corsa, quella dei fuggitivi contro il gruppo. Perché se non tira Pogacar, tira la EF Education-Easy Post di Bettiol. 

Sul Barbotto la UAE Emirates prende in mano la corsa. Poi si sposta e Bardet spicca il volo
Sul Barbotto la UAE Emirates prende in mano la corsa. Poi si sposta e Bardet spicca il volo

Spingere ancora

«Non ce la fanno. Un minuto e mezzo a 16 chilometri è poco», dice il pubblico sempre con gli occhi stretti.

«Pensavo che ci avrebbero ripreso in pianura – ha detto ancora Bardet – dalla macchina ci dicevano di spingere. Che il gruppo andava forte. Ma che potevamo insistere». Rapporto lungo per Bardet, come da tradizione del resto. Gambe che frullavano per il ragazzino. I due compagni sono compatti, stretti. Sembrano una cosa sola che fende il vento.

Il distacco cala ancora. Dietro ora spinge con violenza la Lidl-Trek. E’ dal Giro d’Italia che li vediamo in questa situazione. Sembra vagamente di ritornare alla tappa di Napoli. Solo che stavolta l’Alaphilippe e il Narvaez della situazione sono insieme. E i 40 metri che mancarono proprio a Narvaez avanzano invece a Bardet e Van den Broek.

Bardet e Van den Broek in fuga. «Era previsto di correre all’attacco in questo inizio Tour», ha detto il giovane olandese
Bardet e Van den Broek in fuga. «Era previsto di correre all’attacco in questo inizio Tour», ha detto il giovane olandese

Ecco il gruppo

Ultimo chilometro. Ancora 9”. «Allez, allez les gars», forza ragazzi, urla nelle radioline la macchina della Dsm-Firmenich ed è lì che poi si volta Bardet e si accorge che forse ce la possono fare.

Van der Broek esegue alla lettera le consegne del capitano. Consegne ad intuito. I due non si sono quasi mai parlati, come ha confermato poi uno sfinito, quanto felice, Van den Broek dopo l’arrivo. Il giovane olandese, spinge e resta vicino anche nei cambi. I loro gomiti si sfiorano.

I due restano uniti. Il contachilometri non scende sotto i 45-50 all’ora, il vento è anche contro. Vanno forte dunque. Negli ultimi metri si concedono persino il lusso di alzare le braccia al cielo.

Adesso Rimini, che attendeva Pogacar, come al Giro, tifa per loro. Li accoglie con un boato di sorpresa seguito però da un grande applauso. Un applauso sincero. D’istinto. E’ vero dunque: la storia a volte va come non ci si aspetta.

Un abbraccio corale e Bardet coccola Van den Broek, che prende la maglia bianca di miglior giovane
Un abbraccio corale e Bardet coccola Van den Broek, che prende la maglia bianca di miglior giovane

Sogno giallo

«Questa è una vittoria di squadra – ha ribadito Bardet – non solo per come abbiamo corso con Van den Broek, ma anche per come tutti noi abbiamo gestito questa gara. Ero davanti per pedalare in sicurezza. Se terrò questa maglia fino in Francia? Sono partito in questo Tour per dare il 100 per cento ogni giorno. Chiaro che sarebbe bello. Ma oggi ho pedalato come fosse una classica (ricordiamo che Bardet ad aprile è arrivato secondo alla Liegi, ndr) e non potrà essere sempre così». 

In cuor suo Romain ci pensa a portarla almeno oltre il Monginevro, quando la Grande Boucle entrerà nella sua terra.

«Non dover lottare per la generale mi toglie un’enorme pressione. Sono finalmente me stesso. Non conoscevo il percorso, ma ho giocato d’istinto. Indossare la maglia gialla è sempre stato un obiettivo della mia carriera. Ci ho anche pianto. Troppe volte ci sono andato vicino per non pensarci. Oggi però questo sogno si è realizzato ed è stupendo».

Proprio prima del Tour, Romain ha detto che smetterà il prossimo anno. Appenderà la bici al chiodo dopo il Giro d’Italia, vuole una tappa nella corsa rosa. In Italia ha vinto… “peccato” per lui che fosse il Tour! Ma va bene così.

Bardet e la sua Foil RC: un bel… mostro da competizione

25.05.2024
6 min
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ALPAGO – Le strade del Grappa saranno l’ultima occasione di questo Giro per vedere all’opera in salita Romain Bardet. Il francese classe 1990 corre dal 2021 al Team DSM Firmenich e come tutti i corridori della squadra olandese è passato dall’avere a disposizione due tipi di bici – aero e da salita– al fare tutto con lo stesso modello. Scott infatti ha spinto affinché i team sponsorizzati utilizzino unicamente la Foil RC. In DSM è scelta comune per i team WorldTour maschile e femminile e per i devo team. Stessa scelta per la Q36.5 in Svizzera.

Si può dire senza troppi dubbi che la scelta di Scott sia stata avveniristica e abbia convinto altri marchi a creare una bici leggera che fosse anche aerodinamica. A ben guardare ormai tutti i team puntano a ridurre al minimo la scelta di bici, traendone vantaggi logistici ed economici.

Una bici standard

Felipe Ennes Houdjakoff, il cui soprannome è Capo e ha una vera venerazione per Ayrton Senna, è brasiliano, fa il meccanico e lavora con DSM da dieci anni. E’ lui a condurci nelle specifiche della bicicletta di Bardet, prendendo la scorta dal tetto dell’ammiraglia, perché quella da gara è già montata sui rulli in previsione di una partenza veloce.

«In realtà – dice guardandola – nessuno dei nostri corridori usa qualcosa di particolare. Ne parlano con i vari esperti e già prima del Giro predispongono il materiale, quello che serve per eventuali situazioni più o meno delicate. Poi per il resto, niente di speciale. E Bardet non fa eccezione. Usa ruote da 35 per le tappe di montagna e più alte per quelle veloci. Il telaio ha misura standard, una L. La posizione l’ha rivista a inizio stagione, ma lui è qui già da qualche anno, per cui non ha dovuto cambiare misure. Ricordo che venne con le sue schede, fece il bike fitting con i biomeccanici e da allora non s’è più spostato».

Bardet pedala in salita in posizione non troppo avanzata e con ruote Dura Ace C35
Bardet pedala in salita in posizione non troppo avanzata e con ruote Dura Ace C35

Aerodinamica e regole

Scott e la squadra hanno fatto un ragionamento piuttosto ampio, considerando un solo sistema quello composto dall’uomo, la bici e i componenti. Solo in questo modo si possono valutare, a loro avviso, gli effettivi vantaggi aerodinamici. Perciò, quando nel 2021 l’UCI ha varato le nuove regole in termini di geometrie e misure, avendo la Foil come punto di partenza, il team ha iniziato a rielaborare la bicicletta che voleva dare ai suoi atleti.

Il primo step conseguito da Scott è stato quello di ridurre la resistenza aerodinamica di ciascun tubo. Per questo sono stati ridotti al minimo gli incroci fra i vari segmenti. Inoltre per ciascun atleta si è messa a punto una posizione in linea con i valori di avanzamento imposti dall’UCI e in grado di produrre un sensibile guadagno. A questo scopo concorre anche il tubo di sterzo, evidentemente sovradimensionato. Oltre a consentire il passaggio interno di ogni cablaggio, funge anche da carenatura, tagliando l’aria in abbinamento con la forcella dai foderi larghi e sottili.

La cura dei dettagli

Il tubo obliquo e il piantone si integrano nel sistema. I foderi obliqui sono stati abbassati, aumentando il comfort, ma riducendo la resistenza all’aria. A ciò concorre anche una rotazione di 10 gradi verso l’interno favorendo l’espulsione dell’aria che passa attraverso i raggi mentre girano. Inoltre grazie all’abbassamento dei foderi, è stato possibile “nascondere” le pinze dei freni a disco, riducendo la resistenza aerodinamica e donando alla Foil una superiore pulizia estetica.

«La bici è veloce – spiega Felipe – a maggior ragione quando si fa la giusta scelta di ruote. Anche nelle tappe di salita, il cerchio Dura Ace C35 di Shimano tiene basso il peso complessivo, dà rigidità in discesa e negli scatti e non compromette la velocità della bici in discesa. Nelle corse veloci invece la ruota C50 esalta la velocità di questa bici, che trova così il massimo della sua aerodinamica. Sulle ruote per tutti ci sono dei tubeless che variano in base al percorso e alle condizioni della strada. Quanto ai rapporti, Romain usa una scala piuttosto standard. Anche oggi una guarnitura 40-54 e pacco pignoni 11-34.

Veloce e leggera

L’ultima annotazione del meccanico riguarda proprio la scelta dei componenti, considerati appunto tutt’uno con la bici.

«Esiste un equilibrio tra aerodinamica e peso – dice – la bici aerodinamica di solito è più pesante, invece questa Foil è leggera e i corridori se ne sono accorti e sono contenti. Con la stessa Foil RC lo scorso anno il vostro Dainese faceva le volate, quindi è veloce, leggera e anche rigida. Sono stati disposti meglio i fogli del carbonio, non ci sono tante giunzioni, i collarini sono minimali per forme e peso. Abbiamo ridotto il peso senza rinunciare a sicurezza e rigidità. Il manubrio è una delle parti che Romain preferisce. E’ nato per la bici come il reggisella. Forse non hanno bisogno di personalizzazioni perché va già tutto bene così com’è…».

Assalto francese. Paret-Peintre sogna. Bardet fa spallucce

14.05.2024
5 min
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CUSANO MUTRI – Succede che ad una dozzina o poco più di chilometri dall’arrivo Valentin Paret-Peintre e Romain Bardet si parlino. In francese ovviamente. Sono a ruota di Andrea Bagioli. Davanti c’è Jan Tratnik che continua a guadagnare.

Un segno. È il momento. I due scappano. E l’affondo è buono. Ora o mai più, altrimenti lo sloveno avrebbe guadagnato troppo.
Rapporto lungo per il corridore della Decathlon-AG2R La Mondiale, lunghissimo per quello della DSM-Firmenich. Sono due scalatori, se lo possono permettere.

Valentin Paret-Peintre (classe 2001) e Romain Bardet (1990) cercano di rintuzzare Tratnik
Valentin Paret-Peintre (classe 2001) e Romain Bardet (1990) cercano di rintuzzare Tratnik

Francesi all’attacco

Il più giovane dei francesi sembra più brillante. È pimpante sui pedali. L’altro giorno eravamo stati in fuga con lui verso Prato di Tivo. Nell’ammiraglia, il suo diesse Cyril Dessel approvava quell’attacco sul Gran Sasso.
«Bene, gli dà fiducia», diceva. Poi man mano che la UAE Emirates tirava, il gruppo dei big si assottigliava e lui era ancora lì, un po’ si stupiva. Forse neanche lui immaginava che il più piccolo dei Paret-Peintre stesse così bene.

«E’ stato stupendo – dice con un filo di emozione e occhi sinceri Valentin – è incredibile. La mia prima vittoria da professionista ed è una tappa in un grande Giro. Tra l’altro con un grande campione come Romain. Dall’ammiraglia mi dicevano di tenere d’occhio lui (come a Prati di Tivo, ndr)».

Ai -3 km dall’arrivo Valentin parte secco. Riprende e stacca Tratnik. Dopo quello di Thomas è il secondo successo francese in questo Giro
Ai -3 km dall’arrivo Valentin parte secco. Riprende e stacca Tratnik. Dopo quello di Thomas è il secondo successo francese in questo Giro

Dessel stratega

Oggi di nuovo in fuga, stavolta Valentin Paret-Peintre ha fatto centro. Gestito ancora magistralmente da Dessel, che gli spiegava il finale e gli immediati chilometri con precisione.

«Cyril – riprende Valentin – mi ripeteva di stare tranquillo, che la salita era lunga, che mi dovevo gestire. Però mi ha detto anche che gli ultimi tre chilometri erano i più duri. Ho capito che quello era il momento. Dovevo approfittare di quelle pendenze. E dopo che sono partito mi incitava. Mi diceva: “Vai, è il tuo momento”. “Ce la puoi fare”».

Campione in crescita

Valentin Paret-Peintre è il figlio di una nuova generazione di ciclisti cresciuti in casa. Non solo la Groupama-FDj in Francia lavora bene, anche la Decathlon-Ag2R La Mondiale, specie con gli juniores, vanta un bel vivaio. E Valentin, come suo fratello Aurelien, è un campioncino costruito in casa. E i suoi margini sono ampi.

«L’obiettivo era quello di andare in fuga – ha detto Paret-Peintre – sapevo che si poteva vincere, ma non era facile. Soprattutto nella prima parte con tutta quella pianura. E infatti mi hanno aiutato molto Touzé e Tronchon: mi hanno consentito di risparmiare molte energie. Ma tutta la squadra ha fatto un grande lavoro. La salita lunga, la fuga giusta, i compagni, le gambe buone… era questione di tante cose che si allineassero».

«Davvero sono felice. Ho preparato bene questo Giro d’Italia, ho fatto per la prima volta in carriera un ritiro in quota. Ho alzato il mio livello. Non so se in futuro vorrò puntare alla generale. Vedremo. Mi piace andare in fuga. So che ogni anno voglio puntare forte su uno dei tre grandi Giri: una volta il Giro, una il Tour, una Vuelta e poi ricominciare».

Romain Bardet all’arrivo di Bocca di Selva. Ha incassato 29″ da Valentin Paret-Peintre
Romain Bardet all’arrivo di Bocca di Selva. Ha incassato 29″ da Valentin Paret-Peintre

Ecco Bardet

Se Valentin Paret-Peintre è preso in carica dai ragazzi del podio, Romain Bardet può far scorrere la sua bici verso il massaggiatore, che lo attende con indumenti caldi ed asciutti e il bibitone per il recupero.

Magro, anzi magrissimo: le sue costole sembrano quasi corpi esterni, Bardet si cambia con calma

E’ dispiaciuto ma non deluso. «Ho cercato di anticipare – ha detto Bardet – perché non stavo benissimo. Anzi, non avevo belle sensazioni alle gambe. Ma questo succede dopo il giorno di riposo, specie quando l’età avanza».

Aurelien completa la festa di famiglia Paret-Peintre. Stacca il drappello dei big, arriva quinto e festeggia per la vittoria del fratello
Aurelien completa la festa di famiglia Paret-Peintre. Stacca il drappello dei big, arriva quinto e festeggia per la vittoria del fratello

Parole da saggio

Intanto sfila Aurelien Paret-Peintre, fratello maggiore di Valentin ed ex compagno di Romain. I due si abbracciano.

Un sorriso e Bardet riattacca: «Vero, ci siamo parlati con Valentin. Volevamo capire come stesse davvero Bagioli. Gli ho detto che dovevamo andare perché perché Tratink aveva un bel vantaggio. Bisognava fare un buon ritmo. Abbiamo collaborato bene. Sapevo che gli ultimi chilometri sarebbero stati difficili per me, come detto le sensazioni non erano positive. Complimenti a Valentin, ha giocato bene le sue tappe».

Infine prima di congedarci, a Bardet viene fatto notare che in classifica generale ha recuperato un bel po’ (ora è 7° a 4’57”). Ma lui fa spallucce. Glissa del tutto. Dice che non ne sa nulla. Scaramanzia? O dubbio eterno degli uomini da corse a tappe se mollare o tenere duro? E’ chiaro che se tiene duro i pretendenti al podio e alle posizioni di vertice non gli lasceranno spazio. Come si è visto oggi con l’inseguimento della Bahrain-Victorious.

Bardet vuole una tappa al Giro per chiudere il cerchio

30.01.2024
4 min
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Il primo corridore a mettere nel sacco le vittorie di tappa in tutti e tre grandi Giri fu un italiano. E che italiano: Fiorenzo Magni. Era il 29 aprile del 1955 e sfrecciando per primo sull’arrivo di Barcellona (era una cronometro) Magni diede vita a questa particolare classifica. Dopo 69 anni ci sono riusciti altri 106 atleti oltre a lui. Il 108° vorrebbe essere Romain Bardet.

Il francese della DSM-Firmenich è di fronte ad un bivio però. All’Equipe, nelle settimane passate, in diverse occasioni ha parlato del suo futuro. Quello prossimo e quello più a lungo termine. Ma il tutto con un obiettivo ben chiaro: vincere una tappa al Giro d’Italia appunto.

Giro 2022, sul Blockhaus arriva secondo alle spalle di Hindely e davanti a Carapaz e Landa. E’ il suo miglior piazzamento nella corsa rosa
Giro 2022, sul Blockhaus arriva 2° dopo Hindely, Carapaz e Landa. E’ il suo miglior piazzamento nella corsa rosa

Giro e Tour

Bardet è rimasto folgorato dal Giro. Non lo ha mai negato. Certo, non è al livello di Pinot, ma la corsa rosa gli piace eccome. Nel sacco ha solo due partecipazioni: il Giro lo ha “scoperto” a 31 anni.

Due anni fa era messo davvero bene prima che una caduta lo tagliasse fuori dai giochi. Forse è stata l’ultima vera volta che lo abbiamo visto lottare per le generale. 

Per quest’anno dunque Bardet di sicuro sarà al Giro d’Italia: «Voglio provare ad entrare nel club di coloro che sono riusciti a vincere le tappe in tutti e tre i grandi Giri e a me manca una vittoria nella corsa italiana».

Il suo cammino verso la corsa rosa passa per il debutto stagionale nelle corse francesi, il UAE Tour, la Parigi-Nizza e il Tour of the Alps.

Di tappe adatte a lui ce ne sono parecchie al Giro. Già ad Oropa, Romain potrebbe mettere il sigillo. Ma forse la salita piemontese arriva un po’ troppo presto. Sia perché c’è di mezzo anche la maglia rosa e magari Pogacar e colleghi potrebbero voler “fare la tappa”. Sia perché immaginare una fuga da lontano con Bardet dentro è difficile. E’ pur sempre Bardet e lasciargli spazio potrebbe essere pericoloso. Romain è uno che tiene.

Il confronto generazionale è sempre più forte. Ma Bardet tiene botta: eccolo con Evenepoel all’ultima Vuelta
Il confronto generazionale è sempre più forte. Ma Bardet tiene botta: eccolo con Evenepoel all’ultima Vuelta

Estate decisiva

E poi c’è il futuro a lungo termine. Bardet è uno dei prodotti della classe 1990, bella e dannata. Tanto talentuosa quanto delicata. Il tempo passa e il francese va per i 34 anni e in questo ciclismo restare al vertice è sempre più dura. Uno suo ritiro non sarebbe impensabile.

Bardet a fine anno sarà senza contratto. Continuare o meno è solo una decisione sua. Anche se la DSM-Firmenich non lo tenesse, le squadre francesi specie quelle non WorldTour farebbero la fila per prenderlo. Classe, professionalità e un nome che non lascia mai indifferenti.

«Per ora – ha detto Bardet – non voglio pensarci troppo. Voglio concentrarmi sul Giro. Poi a metà stagione, magari prima del Tour de France dirò cosa farò. E lo dirò soprattutto a me stesso. Se capirò che sono ancora competitivo. Se capirò che questa vita, che da qui a fine maggio mi vedrà a casa sì e no 20 giorni, mi andrà ancora bene. Se devo continuare, voglio farlo per lasciare un segno e non per fare la comparsa».

E magari c’è da capire ancora se questo è davvero ancora il ciclismo di Bardet. In tempi non sospetti aveva lasciato intendere che questo sport sta diventando sempre più come la Formula1, in cui vince chi ha i tecnici migliori e non il bravo pilota. Lui aveva parlato di “ciclismo della scienza e dei preparatori”.

E’ il 2012 e un giovane Bardet esordisce con la maglia dell’Ag2R. Da allora ha messo nel sacco 10 vittorie tra cui 3 tappe al Tour e una alla Vuelta
E’ il 2012 e un giovane Bardet esordisce con la Ag2R. Da allora ha messo nel sacco 10 vittorie

Quale futuro?

La DSM-Firmenich sembra propensa ad un prolungamento di contratto. Almeno sono queste le informazioni che trapelano. Da quest’anno poi Bardet ha anche il supporto del connazionale Barguil. E magari questo potrebbe essere un incentivo a continuare in questa squadra.

«Vengo da una stagione – ha detto il francese – in cui le cose non sono andate benissimo. Mi sono sempre trovato in una situazione poco chiara e ciò non mi induce a continuare. Per questo voglio decidere con calma e al momento opportuno». 

Prima però c’è il Giro e un successo di tappa potrebbe essere decisivo per il suo futuro. Se dovesse riuscirci, poi al Tour potrebbe prendersi la sua “passerella”.

«Il Giro – ha detto Bardet ad Eurosport – l’ho fatto solo due volte e l’ho completato una. Come detto, quest’anno vorrei vincere una tappa e magari arrivare nei primi cinque».