Sempre più spesso quando parliamo di preparazione viene fuori questa parola: kilojoule.
«Si seguono i kilojoule». «Dipende da quanti kilojoule hai fatto». «Volume di kilojoule»… ma cosa sono? Che parametro è?
E’ una domanda ricorrente. E quando si parla di preparazione, magari strettamente legata all’atleta, uno dei migliori interlocutori in assoluto è Domenico Pozzovivo, che oltre a essere un coach affermato e molto aggiornato, è anche un fresco corridore. Insomma, è da entrambe le parti della barricata in qualche modo.


Innanzitutto, Domenico, di cosa parliamo: è un’intensità, è un’unità di misura?
La possiamo chiamare una metrica, un valore che serve a quantificare il lavoro meccanico svolto nell’unità di tempo. Basta moltiplicare i watt, che sono la misura del lavoro espresso, per il tempo. A quel punto otteniamo i joule. Per ottenere il kilojoule dobbiamo dividere il risultato per mille. E’ semplicemente questo e soprattutto è qualcosa che abbiamo già nei nostri archivi, dal punto di vista dei dati, per valutare l’intensità di un allenamento.
E perché adesso si usano questi kilojoule? Qual è il vantaggio?
Il vantaggio è avere un parametro immediato di quanto lavoro si è compiuto nell’allenamento. Va molto in parallelo, alla fine, con il training score o altri indici che spesso vengono forniti di default a fine training dalle varie piattaforme (tipo Trainingpeaks, ndr). Questo però è un valore assoluto. Attenzione però…
A cosa?
C’è la superficialità di considerarlo come un dato oggettivo, uguale per tutti. In realtà ognuno dovrebbe parametrare il kilojoule a se stesso. Ovviamente un corridore più leggero, esprimendo meno watt di un corridore più pesante, avrà sempre meno kilojoule. Il paragone in senso stretto sarebbe errato e andrebbe relativizzato. Il top del tutto è il kilojoule per chilo, se vogliamo avere un parametro davvero oggettivo e confrontabile.


Che differenza c’è allora rispetto al valutare solo i watt? Cosa c’è di diverso dal dire, per esempio: a fine allenamento ho fatto 200 watt medi?
Perché dentro c’è anche la durata. Con un numero hai sia l’intensità che il tempo. Riprendendo la vostra frase, per correttezza avreste dovuto dire: “Ho fatto 200 watt medi per tre ore”, mentre nel kilojoule il tempo è già incluso. Con quel numero sintetizzi due grandezze: hai la misura oggettiva di quanto è stressato il tuo organismo perché rappresenta il lavoro meccanico complessivo che hai svolto.
Ci sono relazioni con le calorie bruciate? Tanto più che siamo nell’era dell’uso massiccio dei carboidrati…
Viene associato alla caloria, ma parlando di consumo calorico bisognerebbe dividere per quattro il suo valore. Però non è correttissimo, perché otteniamo il dato dei kilojoule solo dalla pedalata. Abbiamo detto che è una misura del lavoro meccanico, della pedalata appunto. Ma quando un ciclista pedala non produce solo quel tipo di lavoro: i muscoli del tronco stabilizzano, se ti alzi sui pedali lavorano anche le braccia. C’è un lavoro generale dell’organismo, quello per mantenersi in vita, che non viene calcolato nel kilojoule. Per convenzione, se hai consumato 10 kilojoule si dice che hai bruciato 10 calorie, anche se termodinamicamente non sarebbe così.
Preparatori e atleti dicono che oggi l’importante non è solo avere tanti watt, ma riuscire a esprimerli a fine corsa. E fanno riferimento in qualche modo al kilojoule: perché?
In tal senso il kilojoule è una misura molto utile. Dal punto di vista dell’analisi dei dati rende confrontabili prestazioni ottenute su percorsi o situazioni differenti. Ti dice che in condizioni diverse, però, dopo un certo numero di kilojoule sei riuscito a fare 20’ a 6,2 watt/chilo, oppure un altro valore. E puoi confrontarlo con un’altra prestazione svolta in un giorno diverso su un altro percorso.
Adesso si pone tanto l’accento sulla durability…
Appunto: riuscire a fare, dopo tanti kilojoule accumulati nel gruppone, determinate prestazioni ed è ciò che fa la differenza. E’ come un carico che continui ad aumentare sulle tue spalle durante l’attività: alla fine il kilojoule è questo.


Chiarissimo come sempre, Domenico. Ti senti di aggiungere qualcosa? Una chiosa?
Aggiungere no. Piuttosto, mi verrebbe da dire che ci sono anche un po’ le mode. E adesso il kilojoule, se non ce l’hai in bocca, quasi non sei un preparatore! E questo a me fa sorridere. Però è altrettanto vero che è un parametro molto utile e direi immediato. Insomma, non è solo una moda. Quel che voglio rimarcare è che è soggettivo. Faccio un esempio.
Vai…
Ho due ragazzi: uno pesa 70 chili e l’altro 60. Non posso dire a entrambi: «Fai il lavoro dopo 2.000 kilojoule», perché sono due parametri diversi per ciascuno. Sapendo cosa c’è dietro quel numero riesci a usarlo bene. Se lo usi senza capirlo puoi essere addirittura fuorviante.
Perché?
Perché il segreto è rapportarlo al peso dell’atleta. In bici non è una gara di pesi: è sempre uno sport in cui mettere in relazione la prestazione con il proprio peso fa la differenza, tranne negli esercizi puri di sprint. Diciamo che i kilojoule entrano in ballo soprattutto quando si parla di durabilità, cioè di riuscire a ripetere una prestazione anche dopo un determinato carico di lavoro.



































































